Karate
 
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Il Karate è un metodo di combattimento a mani nude codificato in Giappone agli inizi del XX secolo le cui origini riconducono alle forme di combattimento Cinesi (Quan-Fa) e a quelle dell’isola di Okinawa (Okinawa-Te).

Lo scopo del combattimento è di raggiunge l’efficacia degli attacchi mediante colpi da impatto (Atemi), su punti vitali del corpo (Kyusho). I colpi nel Karate come nel Budō () sono dati con armi naturali: le  mani, i pugni, i gomiti, le ginocchia e i piedi ai quali si aggiungono tecniche di immobilizzazione e proiezione.

Il Karate nasce per la difesa a mani nude ma poichè gli avversari possono essere muniti anche di armi bianche, di oggetti come il Bô, il bastone lungo, o di strumenti agricoli come il Nunchaku, costituito da due bastoni unito da una corda o una catena, e il Tonfa, un bastone corto di legno con un manico perpendicolare, questi oggetti diventano armi complementari al combattimento a mani nude.

L’efficacia degli attacchi di questo metodo di combattimento è simile ad altri metodi che si erano sviluppati in oriente, nello stesso periodo.

L’origine del termine Karate viene utilizzato le prime volte intorno agli anni ’30 del XX secolo. L’attribuzione di tale nome è ad opera di Gichin Funakoshi e segna un passo decisivo nella storia delle arti marziali. Si esce dalla fase in cui quest’arte, di denominazione non del tutto definita, variabile a seconda del luogo ove veniva praticata era ritenuta un qualche cosa di esclusivo ed in ogni caso di nascosto e misterioso, quasi mistico, ad una disciplina che tutti possono praticare.

Da questo momento in poi viene definito l’orientamento generale della tecnica definendo Karate come “Mano Vuota” intesa letteralmente come mano disarmata, ma anche nel senso più profondo dello stato d’animo richiesto per la pratica di tale disciplina  secondo il significato filosofico del termine.

Per risalire all’origine del termine Karate è importante sapere che nella lingua giapponese la corrispondenza tra suoni e simboli (ideogrammi/Kanji) non è univoca come nelle lingue fonetiche.  Per lo stesso ideogramma esistono differenti pronunce e a uno stesso suono possono corrispondere ideogrammi differenti. L’antico nome del karate era To De,Mano Cinese, la cui traduzione letterale era Mano(De o Te Cina(To). L’ideogramma (To ) si può anche pronunciare come Kara così,verso l’inizio del ventesimo secolo, si è cominciato a pronunciare gli ideogrammi(空手) come Kara-Te.Il suono Kara in giapponese ha il significato di Vuoto e può essere scritto con l’ideogramma 空. Questo cambiamento nell’ideogramma corrispondente a Kara  ha portato al doppio significato di Kara-Teinteso come Mano Cinese o come Mano Vuota, secondo il significato filosofico del Buddismo Zen.

Il termine Mano Vuota, secondo il significato filosofico, inizia a diffondersi largamente soprattutto dopo gli anni ’30 del secolo scorso, ad opera dei maestri di quest’arte provenienti da Okinawa, che intendevano fondere le loro conoscenze con quelle tradizionali del Budō giapponese.

Il concetto di Via (dō  si sviluppa in Giappone in un periodo di relativa pace, raggiungendo l’apice  tra il 1603 ed il 1868 nell’Era Tokugawa, quando non è più necessario finalizzare la marzialità all’uccisione dell’avversario. La Via diventa così la via di un percorso di perfezionamento che attraverso lo studio e la precisione di ogni singolo gesto si trasforma in un’arte raffinata ed elegante che conduce ad una serenità spirituale, in accordo con la filosofia Zen. Funakoshi introduce questa concezione all’ Okinawa Te aggiungendo ai kanji Kara e Te il termine  da cui Karate-dō (空手) e attribuendo grande valore tanto all’efficacia del “combattimento” quanto a quello dell’addestramento del corpo e a quello dello spirito. Funakoshi nei “Venti precetti del Karate” esprime la sua idea di Karate come un’arte che cerca di costituirsi come Budō. La nozione di Dō nella cultura giapponese è concepita come una Via che conduce verso uno stato spirituale che libera, attraverso l’approfondimento di una disciplina, le facoltà umani nei diversi campi delle arti.


Il Karate si diffonde rapidamente a partire dagli anni ’50 del secolo scorso, prima in Giappone, e in seguito in tutto il mondo, passando nel corso del tempo da un metodo  di difesa personale delle origini, ad un arte di combattimento filosofica, per giungere alla completa trasformazione in un moderno sport da combattimento, decisamente popolare, approdato di recente anche alle olimpiadi e praticato dai giovani che vedono in questa “disciplina sportiva”un modo di esprimersi che però nulla ha più a che vedere con il concetto originario del Budō .

Attualmente la pratica del Karate, ad eccezione degli agonisti che necessitano di una pratica particolare finalizzata alle competizioni, ha una frequenza di due/tre volte a settimana. La durata varia tra un’ora ed un’ora e trenta e si articola abitualmente in questo modo:

Taiso ( ): tradotto letteralmente “temprare il corpo”; non è altro che la ginnastica necessaria per riscaldare il corpo e prepararlo senza traumi all’attività

Kihon (基本):  lavoro dedicato alle tecniche di base

Kumite (): combattimento nelle sue forme sia dichiarato che libero con lo studio della distanza e dei tempi

Kata ( o ):esecuzione delle forme secondo lo stile praticato

In più si possono eseguire esercizi di potenziamento a corpo libero o con macchine, da soli o a coppie. Un tempo veniva utilizzato uno strumento chiamato “Makiwara” 巻き藁 (letteralmente 巻き”maki”, rotolo, e 藁 “wara”, paglia) che consiste in un asse di legno imbottito di paglia all’estremità ed utilizzato  per colpire.

In origine, tale disciplina è nata per l’autodifesa e l’orientamento è quello della ricerca della massima efficacia possibile. Quando si tratta di misurarsi con altri uomini, si entra in una sfera più complessa che non sia il semplice esercizio fisico. La tecnica e l’atteggiamento che ne derivano si basano sul  presupposto che nel confronto sono in gioco la vita e la morte. Non una coppa o una medaglia, ma qualcosa di estremamente più importante, la nostra stessa incolumità, in accordo con il principio del Budō.

La pratica del combattimento (Kumite 組手) è relativamente recente; nell’Okinawa-Te e nell’insegnamento dei primi maestri provenienti da Okinawa. Non è presente quello che oggi chiamiamo “combattimento libero” e l’esercizio di combattimento consiste in un combattimento più convenzionale. Questa forma di combattimento viene introdotta nel primo periodo di divulgazione del Karate nelle università giapponesi, con lo scopo di avvicinarsi il più possibile al combattimento reale.

Parallelamente all’esercizio al combattimento che si effettuano con un compagno, ci sono una serie di esercizi che si effettuano da soli. Questi sono il Kihon (基本 letteralmente fondamenta o radici e base) e Kata ( o 形 letteralmente forma).

Il Kihon non è altro che l’insieme delle forme di addestramento alle tecniche fondamentali di parate e di attacco ottimizzando le capacità fisiche e l’utilizzo ottimale dell’energia Ki.
In generale consiste  nella ripetizione delle tecniche di allo scopo di  automatizzare i movimenti di base. Come un bambino impiega più di un anno a camminare ma poi lo fa senza più pensarci, così il karateka con le ripetizioni, automatizza i gesti necessari per la difesa e il contrattacco. Come si richiede, l’approssimazione non è consentita e ogni tecnica va eseguita a regola d’arte nella forma corretta secondo quanto richiesto dallo stile praticato.

Il Kata rappresenta una sequenza di tecniche il cui svolgimento si identifica in un combattimento contro uno o più avversari da diverse direzioni. In sostanza è una sequenza di gesti formalizzati e codificati orientati alla realizzazione del , attraverso il quale si acquisiscono conoscenze molto profonde. Il termine Kata è tipicamente giapponese ed è già presente in altre attività soprattutto nella spada e nel Jūjitsu. Quando il karate viene introdotto in Giappone, viene utilizzato per designare le sequenze gestuali che prima vengono chiamate esclusivamente con il loro nome proprio. Il Kata è la vera essenza della pratica  Karate Dō. Il lavoro su di esso si estende per anni  poiché inizialmente lavora per memorizzare la sequenza dei gesti per poi concentrarsi sulla perfetta armonia di forme e movimenti.

 

Tratto da www.shotokaionline.com

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