RECENSIONE - IN NOMINE FILII
 
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Non è sempre semplice recensire i libri dello scrittore Balzarro, per la complessità del pensiero, per la particolarità dei comportamenti dei suoi personaggi, lontani dalle stereotipate greggi umane, tristemente eguali, canalizzate nei rituali alla moda, nei carnai delle ferie obbligatorie, nei concerti con le movenze di gruppo, spettatori urlanti negli sport di massa. Vittime, o forse, anche inconsapevoli carnefici.
Tutto questo, non è parte della vita e dei racconti dello scrittore Balzarro, sempre lontano dagli stereotipi, nei pensieri e nei comportamenti.
Eppure, in questo romanzo, il protagonista è stato rapito da un istinto primitivo, seppure innato nell’uomo: “la conquista” della femmina. Un comportamento comune a molte specie, dovuto alla necessità di preservare la sopravvivenza. Un istinto ancestrale, che automaticamente produce sostanze nell’organismo, che spingono l’uomo al bisogno della femmina. Il fine, spesso inconscio, non è l’appagamento di un piacere, anzi, il piacere è solo un premio, creato dall’organismo per spingere a continuare la ricerca. Il fine, non è quello che chiamiamo amore, ma un complesso meccanismo ormonale, che ha il solo scopo della procreazione. Tutto il resto è un collaterale, a volte complesso, a volte banale. Nel libro, il collaterale è divenuto il principale appagamento del protagonista, un uomo maturo, uno scrittore abbastanza affermato, una moglie non più moglie, un figlio che frequenta poco, che non ha mai cresciuto, che incontra raramente, rimanendo sempre lontani, anche quando sono vicini. 
Francesco è un uomo in perenne sfida con se stesso, una sfida basata sulle “conquiste” più ostiche, presumibilmente impossibili, ma infinitamente appaganti. Sono quelle a mantenerlo vivo, ad esaltarne la passione e la spregiudicatezza. 
Sono storie di vita, seppure non usuali, con Lucia, una ragazza universitaria, Stefania, una signora che ha scelto la comodità di sposare un ricco banchiere, Antonia, moglie di un industriale, Principessa, secondogenita di una coppia reale, Tiziana, la moglie di un amico. Si conclude con Giada, con la quale “il conquistatore” tocca il punto più alto, “l’umano”, il più infimo e squallido, che lo porterà a relegare la propria esistenza in un contesto infinitamente triste, seppure meritato, se non addirittura cercato.
E’ un romanzo originale, racconta una vita non banale, motivata da ambizioni discutibili, che portano a riflettere sull’esistenza, sulle sue motivazioni, sulle finalità, su quelli che definiamo valori, il cui valore, qualcuno ci ha inculcato, ancora una volta, per stereotipare la nostra esistenza.

Carlo Alberto Pari

 

Tratto dalla rivista Samurai

 

 

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